La mia Africa atto II
28 Dicembre 2018
Dopo le ferie natalizie trascorse in Salento il Cappellaio Matto deve tornare in Congo. I passaporti questa volta sono due. Abbiamo chiuso le valigie alle tre di notte e tra occhiaie e incredulità ci rechiamo presso l'aeroporto di Brindisi. Sono le ore 17:30, abbiamo fatto il check-in, imbarcato i bagagli e siamo pronti per partire.
Il volo Brindisi-Roma è solo l'inizio di questo viaggio che durerà ventiquattro ore circa. Ripartiamo da Roma alle ore 23:00, destinazione aeroporto di Addis Abeba, Etiopia. Tappa obbligatoria per chi deve andare in Congo. Dall'Italia non esistono voli diretti.
29 Dicembre 2018
Atterriamo ad Addis Abeba alle sette del mattino, e se in Italia sono le cinque e il sole deve ancora sorgere, qui ad Addis Abeba il cielo è azzurro e una luce insolita ci coglie di sorpresa.
Lo scalo prevede un paio d'ore di attesa, ripartiamo alle ore 9:00. Il volo Ethiopian Airlines che dal biglietto risulta essere un volo diretto per Pointe-Noire in realtà farà uno scalo intermedio a Brazzaville. Questo succede quando c'è un numero consistente di passeggeri che deve scendere nella capitale congolese. L'aereo di linea diventa così una sorta di "autobus".
A Brazzaville, lo scalo che sarebbe dovuto essere di un'ora si protrae più di due ore. Un problema tecnico ad un computer di bordo ha messo a dura prova i tecnici. Una volta riparato il guasto ripartiamo. Il cielo su Brazzaville è nuvoloso, ma non ci sono turbolenze.
Atterriamo a Pointe-Noire dopo quaranta minuti. L'aria calda e umida toglie il fiato. Quando si parte dall'Italia con una temperatura di 4°C e si arriva a Pointe-Noire dove si registrano temperature che durante la stagione delle piogge oscillano tra i 25°C e i 30°C, l'abbigliamento "a cipolla" è d'obbligo.
Come vi dicevo sono già stata in Africa, ma l'aeroporto di Pointe-Noire non ha nulla a che vedere quello di Addis Abeba o Nairobi. Ho come la sensazione di essere finita in un film, il tragitto dall’aereo all’ingresso dell’aeroporto lo percorriamo a piedi (cosa che a volte succede anche in Italia) e fin qui nulla mi stupisce. Varcata la porta d’ingresso dell’aeroporto ho guardato il Cappellaio Matto, lui mi ha sorriso e mi ha detto «tranquilla, è così…è tutto normale». Il controllo passaporti è avvenuto senza l’utilizzo di alcun supporto elettronico. Il desk degli addetti al controllo documenti è un gabbiotto piccolissimo con sedie in legno che ricordano vecchie scene cinematografiche. Prima di accedere all’aerea “ritiro bagagli”, due uomini in camice bianco hanno controllato il libretto delle vaccinazioni e nello specifico il vaccino contro la febbre gialla (obbligatorio per chi si reca nei paesi africani che si trovano al di sotto del deserto del Sahara e nei paesi dell’Africa equatoriale). Siamo in Congo da meno di mezz’ora, grondiamo di sudore e le nostre magliette sono completamente bagnate. Lo so che l’idea potrebbe fare “schifo”, ma vi assicuro che è così. Il Congo è una sauna a cielo aperto!
I passeggeri accerchiati intorno al nastro trasportatore sono trepidanti, tutti sperano che i propri bagagli siano arrivati a destinazione e che nessuno sia andato smarrito.
Ad aspettarci c’è Gustave con il suo pullmino a nove posti. Usciamo dall’aeroporto e la città di Pointe-Noire mi piomba addosso come una mina esplosa a due passi da me.
Sono di nuovo in Africa, e questo non è sogno!
Il Congo si trova esattamente dalla parte opposta del Kenya, ma l’Africa “nera” ha delle similitudini intrinseche che non passano inosservate. Il canale della fogna a cielo aperto lungo il ciglio della strada, il via vai di persone a piedi, il traffico apparentemente senza regole, migliaia di auto bianche e blu (tutti taxi) “addobbati” in modo bizzarro, bambini di ogni età.
Arriviamo a casa. Ad aprire il portone d’ingresso ci sono due guardiani. Qui a Pointe-Noire tutti gli appartamenti hanno uno o più guardiani. In questi mesi il Cappellaio Matto gli ha parlato di me, appena scendo dalla macchina mi vengono incontro per darmi il benvenuto. Per loro sono Alice (pronunciato alla francese), Anna Chiara è un nome troppo complicato da ricordare.
È stato un viaggio lungo, siamo finalmente a casa.
L’appartamento al primo piano è grande e luminoso, il Cappellaio Matto ha scelto bene. Ho già individuato quello che per me diventerà l’angolo della scrittura. Ora però abbiamo solo bisogno di una doccia.